Ogni donna è fiele; non concede che due ore di letizia:
una sul suo letto nuziale, e una sul suo letto di morte.
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Così apre la Carmen di Merimée.
Scrittore ma anche archeologo e figura di spicco nella conservazione architettonica nella Francia post rivoluzionaria, Prosper Merimée è affascinato dal mistero e dal dramma psicologico. Le sue opere spesso si svolgono fuori dalla Francia per approdare a ambienti esotici e adatti alla sua simpatia per il mondo bohémien.
Viaggiava molto e non esitava a familiarizzare con ogni genere di persona, indipendentemente dalla sua estrazione sociale e culturale.
In Spagna, nel 1830 conosce il conte Montijo Cipriano de Palafox y Portocarrero de Guzmán. Fu pare la sua consorte a confidare al tenebroso scrittore la storia da cui trasse la sua Carmen, creando un soggetto assolutamente inconsueto e innovativo.
Bizet scrive la sua Carmen a partire dall’omonima novella di Prosper Mérimée pubblicata nel 1847. Il libretto è di Henri Meilhac e Ludovic Halévy. L’opera avrebbe dovuto essere rappresentata alla fine dell’anno, ma la messa in scena andò incontro a molti problemi che ne rimandarono la realizzazione. La prima fu così il 3 marzo 1875.
Non si fecero attendere le contestazioni all’opera destinata a rivoluzionare il repertorio operistico negli anni a venire.
L’Opéra-Comique presentava soprattutto pezzi edificanti in cui la virtù alla fine veniva premiata dove difficilmente i temi dell’illegalità e dell’omicidio venivano trattati.
Le pressioni sui librettisti per addolcire il crudo finale dell’opera videro la ferma opposizione di Bizet. Il compositore riuscì a mantenere integro il finale accettando solo di addolcire alcuni degli aspetti più forti della novella di Merimée. La caratterizzazione dei personaggi rimase intatta e, seppur edulcorata, la novella di Merimée fu mantenuta integra nei suoi aspetti fondamentali.
Anche le prove furono estremamente difficili. Bizet incontrò l’opposizione dei membri dell’orchestra dell’Opéra-Comique che trovavano difficile eseguire la difficile partitura e dei cantanti che non erano abituati a muoversi così tanto sulla scena.
Il 3 marzo 1875 la prima dell’opera fu accolta molto freddamente: il pubblico e i critici furono scioccati dalle crude tematiche mostrate al pubblico in maniera così realistica e dalle ardite scelte musicali; l’opera venne giudicata dissoluta e immorale.
Bizet difese la sua Carmen e ne fu sempre, a ragione, profondamente convinto. Ma l’insuccesso lo deluse contribuendo sicuramente al peggioramento della sua salute che lo portò alla morte il 3 giugno 1875 a soli 36 anni.
Di lì a poco, grazie al contratto firmato il giorno prima di morire, l’opera di Bizet riscosse il suo meritato successo. Carmen, riadattata sostituendo le parti dialogate con i recitativi, fu rappresentata a Vienna il 23 ottobre 1875 riscuotendo il favore del pubblico, dell’orchestra e dei cantanti. Iniziò così la sua ascesa che vide tra i suoi ammiratori Friedrich Nietzsche, Richard Wagner, Pëtr Il’ič Čajkovskij, Giacomo Puccini, Johannes Brahms e più tardi il giovane Sigmund Freud.
Fu proprio quel suo peccaminoso realismo a renderla un’opera d’avanguardia, aprendo al verismo, ai fatti di cronaca e a personaggi dotati di complessità psicologica.
Jamais Carmen ne cédera!
Libre elle est née et libre elle mourra!
Carmen è bella, esotica, passionale e crudele. Vive la sua forza ai margini della società, spavalda e incantevole non bada alle regole e non teme l’autorità. Anzi, se ne fa beffa!
La gitana Carmen possiede e per questo emana la sua libera fierezza, lei ama e non ama l’uomo a cui è legata, afferma la sua libertà anche nel desiderio fugace che le appartiene.
Nella viscerale e coinvolgente trama raccontata dall’opera di Bizet, è lo slancio vitale di Carmen, la sua incondizionata passione per la libertà che la rende unica, moderna. Lei vive l’attimo con la consapevolezza e la volontà di farlo.
Così, nel suo atto estremo, sfida Don José, lo fa andando consapevolmente verso la morte, morendo per il valore che lei ritiene imprescindibile: il rispetto verso se stessa e la sua libertà.
Indomita e irriducibile, Carmen non è né compresa né amata nella complessità del suo essere, la sua incorruttibile crudeltà e la sua imperscrutabile interiorità la rendono inaccettabile, condannandola alla morte.
Così rivive la felina Carmen di Merimée. Il suo sguardo come quello di un lupo o di un gatto, fiero e geloso della propria indipendenza.
Zeffirelli ama Bizet, ma ancora di più è affascinato dal personaggio di Carmen. Duro nei confronti di quelle ingiuste critiche che “uccisero” il ferito Bizet, giustamente innamorato della sua opera, ritiene il personaggio di Carmen fondamentale nella storia della letteratura. Citando una dichiarazione di Tolstoj: “E infine la terza fonte d’ispirazione sono due ritratti di donna che hanno cambiato il mondo: Jane Eyre della Brontë e Carmen di Mérimée.”
Zeffirelli dedica alla Carmen cinque diversi allestimenti: al Carlo Felice di Genova nel 1956 con Giulietta Simionato, al Wiener Staatsoper nel 1978 con la direzione di Carlos Kleiber, all’Arena di Verona nel 1995 e nel 2009, nel 1996 al Metropolitan New York con la direzione di James Levine.
Della magica versione del 1978 allo Staatsoper di Vienna con Placido Domingo e Elena Obratzova, Zeffirelli ricorda in particolare la grande intesa con il direttore Carlos Kleiber d’accordo nel pensare che “Bizet non aveva scritto un’aria d’entrata per Carmen, e concepiva l’ingresso della protagonista come l’aveva raccontato Mérimée: una sorta di selvaggio gatto nero che attraversa la strada per scomparire immediatamente. Un’apparizione inquietante, insomma, folgorante.”
Non vide mai la luce invece il progetto di un film opera della Carmen con Maria Callas “che recitasse per la macchina da presa, mentre per la voce si sarebbe potuta utilizzare la splendida incisione che aveva fatto dodici anni prima con Prêtre.” A lungo vagheggiato, il progetto fu parzialmente messo in scena “postumo” in Callas forever con Fanny Ardant.