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La “mia” Callas forever

Provai subito un’istintiva antipatia per questa donna, e chiesi chi era. Il nome sembrava strano, una greca mai sentita prima.

Fu questo il primo sentimento del venticinquenne Franco Zeffirelli nei confronti dell’ancora poco conosciuta Maria Callas e dei capricci di cui era spesso protagonista.
Fu una giovane sarta, fanatica innamorata della nuova stella greca, a svelare l’identità di questo nuovo travolgente fenomeno.

Fu invece Visconti a condurre il giovane Zeffirelli nel salotto del celebre direttore Tullio Serafin dove la voce divina di quella ragazza ancora un po’ goffa e sovrappeso incantò tutti i presenti: “non si può rendere appieno la tempesta di emozioni che suscitava in chi l’ascoltava per la prima volta.”

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Maria Callas alla conquista del mondo e della Scala

Zeffirelli segue l’ascesa trionfale della Callas tra la fine degli anni ’40 e gli inizi degli anni ’50, la conquista del mondo e l’assedio alla Scala dove rientrò trionfante aprendo la stagione ‘51-’52 nei Vespri Siciliani con la direzione di Victor De Sabata.

Il giovane Zeffirelli è rapito dalla voce e dalla personalità forte e travolgente del Soprano, ormai “un fenomeno” a livello mondiale: “Quando lavoravo alla Piccola Scala a Milano, mi capitava spesso di raggiungere Maria in quinta durante una delle sue recite, prima che entrasse in scena. Discuteva nervosamente con la devotissima Bruna di faccende domestiche, le più insignificanti… quando la chiamavano perché toccava a lei, tirava un respiro profondo, si faceva il segno della croce alla maniera ortodossa, ed entrava in scena; esplodendo nel ruolo fin dal primo istante. Quella voce che aveva appena discusso con la cameriera di banali problemi quotidiani, diventava di colpo la voce di un’altra creatura, veniva da un altro universo. Assistevi a un prodigio che ti trascinava in uno stato d’incantata esaltazione, senza che lo potessi definire.

Zeffirelli paragona il canto della Callas a una sorta di estasi, capace di accogliere in sé il divino e quindi di mostrarlo attraverso la voce, in una tensione tra forza di carattere e disperazione: una creatura senza pace, destinata a scrutare le tensioni dell’universo, senza mai potervi dar pace, attraverso la stabilità dell’amore terreno che tutto placa. Il suo appare un continuo irriducibile grido d’amore: “Maria era pronta a versare uragani di amore sugli altri, ma mai corrisposta.  Ammirata, rispettata, adorata certo, ma mai amata da nessuno. E nessuno si è mai lasciato amare da lei.”

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Finalmente il Turco!

Arrivò finalmente anche per Zeffirelli regista, l’occasione per lavorare con Maria Callas. Nel 1955 con il Turco in Italia il Maestro cura la regia, le scene e i costumi. Durante la produzione dell’opera, il rapporto tra Maria Callas e Zeffirelli diventa più solido e complice.

L’opera buffa in cui Maria Callas sfoggia “un’insospettata vena comica” inaugura un’intensa collaborazione tra i due che si concretizzerà nei grandi successi di Dallas (La Traviata del ’58, Lucia di Lammermoor e il Barbiere di Siviglia del ’59) fino ad arrivare, diversi anni dopo, alla Tosca e alla Norma del ’64.

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Cade una stella?

Per me Maria era l’opera” e vederla “che si avventurava ora verso rive tanto estranee al nostro mondo, al suo mondo, nel quale aveva toccato traguardi ritenuti irraggiungibili, mi fece sentire tradito, quasi come il povero Meneghini.

Presto il ricchissimo armatore greco Aristotele Onassis entra prepotente nella vita di Maria Callas oscurando la sua luminosa immagine pubblica e segnando l’inizio del suo declino emotivo e artistico.
Per affetto nei confronti della donna, ma anche per il rispetto e la venerazione nei confronti del Soprano, Zeffirelli si adopera per il ritorno sulle scene di Maria Callas. È la passionale e istintiva Tosca con le tante similitudini con la sua storia personale, che conducono nuovamente la Divina “a imperare, sovrana di ineguagliabile dimensione, nel mondo e nella storia dell’opera”. Nel 1964 a Londra la Tosca di Puccini restituisce al mondo la grandezza di Maria Callas.

Ciò nonostante pochi mesi dopo, con la difficile interpretazione di Norma, “Maria comprese tristemente…, e noi con lei, che la Callas assoluta e totale non esisteva più.

I tentativi che seguirono, agli inizi degli anni ’70,  degli amici e in primis di Zeffirelli, di riportare la Callas sulle scene furono vani. L’incoronazione di Poppea, da mettere in scena nella piazza del Campidoglio e una nuova produzione “colossal” della Vedova allegra di Lehar al Covent Garden non andarono mai in porto.

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Cosa è Callas forever?

Maria Callas muore il 16 settembre 1977 nel suo appartamento parigino mettendo fine a due donne completamente diverse tra loro: “Maria, la donna che voleva amare ed essere amata, e la Callas, la diva solitaria, una vestale sacrificata sull’altare dell’arte.”

Le iniziali richieste di girare un film su Maria Callas, in virtù della lunga amicizia del Maestro con il Soprano, vertevano da principio sulla volontà di rappresentare il dramma personale e affettivo della Divina: il triangolo Callas-Onassis-Jacqueline sicuramente avrebbe soddisfatto la curiosità del pubblico.

La lettura di Zeffirelli volle però essere completamente diversa, scegliendo la finzione, inducendo al sogno mai realizzato:  e se la Callas avesse accettato di girare il film opera di Carmen che tante volte il Maestro le aveva proposto?

Sarebbe stato bellissimo, sarebbe stato perfetto, avrebbe consacrato e donato al mondo l’interpretazione dell’artista matura con la voce perfetta dell’incisione discografica di 12 anni prima (1964), avrebbe esaudito il desiderio del Maestro di voler imprimere per sempre sulla pellicola il miracolo di tanta perfezione.

 

Ma così non fu e così non poteva essere.

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Maria, con la sua arroganza tutta greca, si rifiutò di accettare che il suo spirito fosse travolto dal declino della materia. Così lo fece appassire, momento per momento, giorno dopo giorno.

Questa fu la sua vera tragedia, e non è materia facile da narrare in un film. Ma io scelsi proprio di percorrere questa difficilissima strada. Fu la mia “idea portante”: come fermare un declino con l’ausilio e la complicità dei mezzi tecnici. Una speranza, ahimè, fallace, perché nulla e nessuno potrà mai arrestare l’incedere spietato del tempo.

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