Oltre 110 i titoli dei film che dai tempi del muto a oggi hanno raccontato la vita di Gesù. Impossibile citarne alcuni senza far torto al gran numero di grandi registi che nel corso dei decenni si sono cimentati nella narrazione della figura di Cristo.
Il Gesù di Nazareth di Zeffirelli esce nel 1977, molto dopo Il Vangelo secondo Matteo di Pasolini e a pochi anni dal musical Jesus Christ Superstar e dal Messia di Roberto Rossellini.
Lo seguiranno L’ultima tentazione di Cristo di Martin Scorsese e molto più recentemente La Passione di Cristo di Mel Gibson.
Tra tutte le versioni cinematografiche, il Gesù di Nazareth di Zeffirelli è quella che ha avuto una più ampia diffusione e che si è maggiormente imposta nell’immaginario collettivo, segnando diverse generazioni di spettatori.
Dal 27 marzo al 24 aprile 1977 la Rai, nel suo primo anno di trasmissioni a colori, mandò in prima serata i cinque episodi del Gesù di Nazareth: “La natività”, “L’avvento del figlio dell’uomo”, “La scelta degli Apostoli”, “La predicazione”, “La passione e la morte”.
“Con la domenica delle Palme arrivò la tanto attesa trasmissione televisiva del Gesù di Nazareth e, inevitabilmente, fui preso nel vortice d’eccitazione e di entusiasmo che esplose dovunque. Il Gesù fu trasmesso in America, Inghilterra e Italia, in momenti diversi nel periodo di Pasqua. Seguirono poi altri Paesi e altre date, ma ovunque gli indici di ascolto furono astronomici. In Italia, quasi l’ottanta per cento della popolazione seguì le puntate. E per la prima volta il Papa accennò a un programma televisivo nel messaggio inviato al mondo quella stessa domenica, dalla finestra del suo studio: Stasera vedrete un esempio del buon uso che si può fare dei nuovi mezzi di comunicazione che Dio offre all’uomo, annunciò Paolo VI.” FZ
Nonostante inizialmente si fosse optato per Ingmar Bergman, alla fine i produttori Lew Grade per la ITC-Incorporated Television Company e Vincenzo Labella per la Rai – Radiotelevisione italiana scelsero Zeffirelli per la colossale produzione televisiva del Gesù di Nazareth. Non certo priva di rischi, sarebbe stata però in grado di offrire una narrazione più dettagliata e una fruizione assai più vasta, raggiungendo milioni di telespettatori di diverso orientamento religioso e diversa formazione culturale proprio nelle loro case.
La produzione ottenne l’approvazione del Vaticano che vide nell’operazione la possibilità di divulgare vita di Cristo, alla luce delle linee tracciate dal Concilio Vaticano II. Quest’ultimo, tra le tante aperture, aveva infatti stabilito che, a livello di dottrina, la parola di Dio dovesse essere storicizzata, aprendo alla possibilità di interpretare i testi sacri, collegandoli ai tempi moderni.
Lew Grade, impresario e produttore inglese, aveva conosciuto e apprezzato Zeffirelli dagli anni dell’Old Vic in particolare in occasione dell’allestimento di Sabato Domenica e Lunedì . Quando si trattò di decidere a chi affidare il difficile compito, Lew Grade, di religione ebraica, non ebbe dubbi indicando l’italiano cattolico Zeffirelli, regista tanto amato dal pubblico inglese.
Ma non fu facile convincerlo:
“Fu mentre lavoravo alla Scala [Ballo in maschera, 1972] che il mio agente, Dennis van Thal, mi chiamò da Londra, per dirmi che il mio nome era il primo nella lista dei possibili registi per un grandioso film sulla vita di Cristo, destinato alle televisioni di tutto il mondo… Si aspettava che io saltassi di gioia; invece, accolsi la proposta con mille dubbi e difficoltà. […] Ora volevo occuparmi di altri progetti, uno in particolare sull’Inferno di Dante, che mi stava molto a cuore. Portare sullo schermo la vita di Gesù, poi, mi spaventava soltanto a pensarci.” FZ
Zeffirelli accetta di realizzare il film con il chiaro intento di farne una colossale operazione didattica, il racconto storicamente e teologicamente dettagliato della vita di Cristo.
Per questo la sua prima e indiscutibile richiesta fu di avere come consiglieri durante il film i più alti esperti in teologia (cristiani ed ebrei). La prima stesura della sceneggiatura fu affidata allo scrittore inglese cattolico Anthony Burgess, già autore di Arancia meccanica e nel 1976 di L’uomo di Nazareth. Fu lui a tracciare in una corsa contro il tempo la scansione in episodi.
Subentreranno, per la messa a punto della sceneggiatura el Gesù di Nazareth, Suso Cecchi D’Amico e Masolino D’Amico, con l’apporto dello stesso Franco Zeffirelli e la consulenza di Pier Emilio Gennarini, vicinissimo a Ettore Bernabei, all’epoca direttore generale della RAI.
Alla base della lettura di Zeffirelli c’è la constatazione che Gesù era un ebreo: convinto dal fervore di Lew Grade e dall’enciclica di Paolo VI Nostra Aetate: “Lew non smise mai di sorprendermi per la sua appassionata devozione al progetto. Un progetto, come mi permisi di dirgli una volta, che, trattando della figura di Gesù, non era esattamente pane di tutti i giorni per un ebreo. “Non è vero!” mi aveva risposto vivacemente. “Gesù è nostro quanto è vostro, la sua storia è la nostra storia: l’abbiamo creato noi!”
Il Gesù di Zeffirelli è dunque per prima cosa un uomo del suo tempo, un ebreo nato in una terra occupata e dilaniata dai conflitti interni.
Le riprese per il Gesù di Nazarteh, che dureranno oltre nove mesi, saranno precedute da oltre un anno di sopralluoghi tra Israele e il Nord Africa. Ma fu in Marocco e in Tunisia che Zeffirelli riesce a individuare i luoghi del Vangelo.
Così è stato per Betlemme, ricreata a Tinghir in Marocco e, scovata quasi per caso, per Nazareth a Fertassa. Monastir poi offrì la sua torre di guardia alla Torre Antonia sede della guarnigione romana, il Golgota di fronte e l’imponente scenografia del tempio di Gerusalemme fu appoggiata sulle sue mura. E poi Ouarzarate per il palazzo di Erode.
La difficile ricerca delle location si sommava alla difficile scelta del cast: “Nei Vangeli non c’è mai la descrizione ‘fisica’ dei personaggi”.
“All’inizio pensavamo di realizzare il programma con attori poco conosciuti, secondo il ragionevole timore che facce troppo note avrebbero portato con sé memorie di altri ruoli, magari non in linea col film su Gesù.[…] Ma finii col respingere anche questa tesi, non perché volessi riempire il mio film di divi, ma perché occorreva il meglio della professione. Volevo che ogni parte fosse affidata a un maestro riconosciuto del teatro e del cinema.”
Fu Laurence Olivier il primo a chiedere di partecipare alla grande produzione di Zeffirelli. A lui, vera autorità del mondo del teatro e del cinema, seguirono le più grandi star del momento, tutte ingaggiate con un cachet simbolico, uguale a quello del grande attore britannico, che con grande passione aveva accettato di interpretare il ruolo di Nicodemo.
Anthony Quinn per Caifa, Peter Ustinov per Erode, Christopher Plummer per Erode Antipa, James Mason per Giuseppe di Arimatea, Michael York (già Lucenzio nella Bisbetica e Tebaldo nel Romeo e Giulietta di Zeffirelli) per Giovanni Battista, Ian Holm per Zerah, Cyril Cusack per Yehuda, Ernest Borgnine per il centurione, Stacy Keach per Barabba, Anne Bankroft per Maddalena, Rod Steiger per Pilato, Ian McShane per Giuda, Claudia Cardinale per l’adultera, Valentina Cortese per Erodiade, Regina Bianchi per Anna, Marina Berti per Elisabetta, Maria Carta per Marta, Renato Rascel per il cieco nato.
Anche affidare il difficile ruolo di Maria non fu cosa facile. L’aiuto regista, oggi presidente della Fondazione Zeffirelli Pippo Zeffirelli, ebbe l’incarico di cercare quel volto classico e intenso che il Maestro voleva per il suo film sul Gesù di Nazareth. Dopo tanti provini senza un esito soddisfacente, la scelta ricadde sulla giovanissima Olivia Hussey, la meravigliosa Giulietta di 10 anni prima. Agli straordinari truccatori italiani Franco Zeffirelli si affidò per invecchiarne il volto durante le scene finali del film.
Dopo aver scartato la candidatura di Al Pacino, Franco Zeffirelli sceglie Robert Powell che si era presentato per la parte di Giuda.
“Tra i molti provini che facevo quasi quotidianamente, chiamai a Roma per la difficile parte di Giuda un attore molto bravo che avevo visto in teatro a Londra, Robert Powell. Un tipetto abbastanza comune, ma con due occhi azzurri che mozzavano il fiato. Pensai subito che sarebbe stato un Giuda interessante, ma il mio operatore, anche lui affascinato da quegli occhi, osservò: “Se Giuda ha questi occhi, che occhi dovrà avere Gesù?”… Lavorammo moltissimo per prepararlo: capelli lunghi, trucco, vesti, luci. Quando era tutto pronto, e Powell ci stava già affascinando, chiamai una sarta per gli ultimi ritocchi al costume. La donna, che non aveva ancora visto Powell, se lo trovò davanti improvvisamente e, presa dalla commozione, cadde in ginocchio esclamando: “Signore!”. E si fece il segno della croce. Capimmo che avevamo trovato il “nostro Gesù”. FZ
A partire dai costumisti Marcel Escoffier e Enrico Sabbatini e dallo scenografo Gianni Quaranta, Franco Zeffirelli è consapevole della fortunata combinazione di talenti che compone la sua équip:e
“Disponevamo di una magnifica équipe. Con molti lavoravo da anni, alcuni li avevo aiutati a farsi avanti quando erano giovani, e avevano fatto il loro tirocinio con me, ciascuno nel proprio campo. Ma una persona, soprattutto, contribuì più di ogni altro per lasciare la sua impronta nel film: David Watkin, operatore e creatore delle luci. Perduto il mio operatore precedente, Armando Nannuzzi, che era andato a fare il regista, ebbi la fortuna di trovare David. Fu lui a creare quell’atmosfera evocatrice dei dipinti degli antichi maestri, un’atmosfera di intensi e caldi colori colpiti da una luce improvvisa. Ogni scena diventava così un quadro d’autore, che accompagnava lo scandire della recitazione e del dramma.”
“I risultati migliori David li ottenne indubbiamente con le scene nel Tempio, quando il sinedrio si riunisce sotto Caifa per interrogare Cristo. Tra i tanti momenti memorabili del film, quello era per tutti il momento chiave dei nostri due anni di lavoro, per la statura dei divi che vi partecipavano: Anthony Quinn nei panni di Caifa, Olivier e James Mason tra i farisei. Doveva essere anche una specie di prova del fuoco per Robert Powell, come se alla sbarra, di fronte a quella giuria di grandi attori, l’imputato fosse lui.”
La crocifissione dai ricordi di partigiano
Spesso Franco Zeffirelli si ispira ai propri giovanili ricordi per costruire le scene dei suoi film.
Così, come Gesù viene giustiziato dall’occupatore crudele e carnefice, così tantissimi amici e compagni partigiani furono ingiustamente uccisi durante l’occupazione nazista che Zeffirelli visse da partigiano a partire dal 1943.
“Quando girai la scena della crocifissione nel mio Gesù, mi ritornò nel cuore l’orrore di quella mattina [dopo una rappresaglia nazista]: una madre prostrata al suolo che piangeva il figlio morto, appeso come un Cristo al legno di un albero, con i soldati tedeschi che marciavano implacabili come centurioni romani.”