Con lo pseudonimo Currer Bell, Charlotte Brontë pubblica a Londra nel 1847 il romanzo Jane Eyre: an Autobiography.
Siamo nella rigida e austera età vittoriana. L’ideale di donna, in Inghilterra e nel mondo intero, è quello di angelo del focolare, immacolata protettrice dei legami familiari, priva della maggior parte dei diritti riservati invece all’uomo. La donna non poteva votare, ereditare, possedere proprietà mentre a lei congeniale era la procreazione, l’educazione dei figli e la custodia della casa. Poteva studiare, ma solo in base alla propria condizione familiare e sociale.
L’eroina presentata da Charlotte Brontë rompe in maniera profonda con gli stereotipi dell’epoca, sia per il suo aspetto fisico che per il suo profilo psicologico.
Per prima cosa Charlotte Brontë non dona alla sua eroina uno dei principali valori femminili della sua epoca, la bellezza. Contrariamente all’uso letterario contemporaneo, Jane è una donna normale non particolarmente bella.
Jane Eyre è inoltre molto lontana dall’essere una docile e fragile creatura. Fortemente passionale, vive intensamente e con trasporto le esperienze della sua umile esistenza, imbrigliando la sua grande passionalità sotto un ferreo controllo: quello della sua volontà. È una personalità complessa e matura, padrona di se stessa e della sua vita.
La sua forte personalità e la volontà di rottura dell’autrice che in lei si rispecchia traspare molto bene durante il primo incontro con il Signor Rochester: è lei che lo salva dopo la caduta da cavallo e non viceversa come sarebbe conveniente a un comune romanzo d’amore di età vittoriana. Il tipico eroe byroniano (Rochester), lacerato da segreti inconfessabili e angustiato da colpe indicibili, è di fatto incapace di affrontare il suo dramma. Sarà lei, l’eroina moderna, retta e schietta, a consentirglielo.
Jane scappa da tutte le figure maschili presenti nel romanzo che vogliono dominarla. Si ferma solo quando è sicura di poter instaurare una relazione veramente paritaria con Rochester, sia da un punto di vista economico che dal punto di vista emotivo.
La conclusione del romanzo ribalta definitivamente i ruoli dei protagonisti. Sarà infatti Jane a salvare il suo amato, attraverso una prova che nelle fiabe generalmente è affrontata dal cavaliere e non dalla dama: lo cerca e lo aiuta a tornare alla vita.
Il personaggio di Jane Eyre ha ispirato il cinema fin dall’inizio. Si contano quasi una trentina di versioni cinematografiche, tra cui una decina circa “mute”, fra il 1910 e il 1926.
La prima versione sonora è del 1943. In italiano è La porta proibita, della XXth Century Fox, con la regia di Robert Stevenson che quasi 20 anni dopo girerà Mary Poppins. Tra gli sceneggiatori di questa formidabile prima versione sonora c’è Aldous Huxley. Jane Eyre è interpretata da Jean Fontaine, la musa di Hitchcock in Rebecca la prima moglie di Hitchcock e Il sospetto per cui aveva ottenuto l’Oscar già nel 1941. Il grandissimo Orson Welles, che all’epoca aveva già firmato film di culto come Quarto potere nel 1941 e L’orgoglio degli Amberson del 1942, veste i panni del Signor Rochester. Una già famosa dodicenne Elizabeth Taylor è Helen Burns, la dolce amica del cuore di Jane che muore nell’orfanotrofio.
“La prima donna nella storia (almeno in quella della letteratura) che ebbe il coraggio di gridare in faccia all’uomo che amava che lo amava con tutta se stessa, ma che non avrebbe mai più potuto permetterselo, perché aveva scoperto che lui le aveva mentito. Un amore senza stima non può essere amore, anzi, ne è la negazione assoluta!”
Zeffirelli adora il romanzo di Charlotte Brontë perché vi vede i segni di una società che sta cambiando e una nuova consapevolezza femminile che sarà d’ispirazione per la letteratura nei tempi a venire.
Senza molte esitazioni, Zeffirelli sceglie il famoso William Hurt, al tempo 45enne, per interpretare il Signor Rochester. Fedele alla fisiognomica, tanto in voga nel XIX secolo, segue alla lettera la descrizione dettagliata che Charlotte fa del protagonista. Le ciglia folte e la fronte squadrata esprimono il suo carattere: uomo scettico, disincantato, collerico, imprevedibile che può passare dalla gentilezza all’indifferenza e alla cattiveria.
Lei invece, Charlotte Gainsbourg, all’epoca delle riprese ha 25 anni. Anche lei riflette con dovizia di particolari il personaggio descritto nel romanzo: una rigidità, quasi una durezza nell’aspetto, che trattiene una fortissima carica passionale leggibile nella finestra sul mondo che sono i suoi occhi.
La coppia è perfetta.
Una materna e discreta Joan Plowright illumina l’ombra che avvolge Thornfield Hall. Sullo sfondo la bravissima scandalosa protagonista di Ultimo tango a Parigi di Bertolucci, Maria Schneider, nel ruolo della pazza Bertha.
Geraldine Chaplin, figlia di Charlie è la signorina Scatcherd, la terribile insegnante di Storia dell’educandato dove Jane si forma; Fiona Shaw, grande attrice teatrale, è la signora Reed, l’odiosa zia di Jane.
E infine la piccola Jane è interpretata da Anna Paquin, attrice neozelandese, naturalizzata canadese, che aveva già avuto un ruolo di rilievo in Lezioni di piano di Jane Campion e che, dopo il successo della saga degli X-Men in cui interpreta l’eroina mutante Rogue, è stata recentemente consacrata da Martin Scorsese in The Irishman.