Si perde nel tempo il primo concepimento dell’opera verdiana da parte del Maestro. Ad affermarlo è Carlo Centolavigna, collaboratore storico di Zeffirelli dal 1983 e docente alla Fondazione Franco Zeffirelli.
A fianco del Maestro ha lavorato nelle maggiori produzioni operistiche come La Traviata a Firenze con Cecilia Gasdia, il Don Carlo scaligero, l’Aida di Tokio nel 1998 e le grandi produzioni dell’Arena fino all’ultima Traviata del 2019.
Nel cinema è con Zeffirelli per Il giovane Toscanini, Un tè con Mussolini, Storia di una Capinera e Callas Forever del 2001 dove si occupa delle scene della Carmen.
Con Carlo Centolavigna che ha curato anche l’allestimento del Rigoletto di Zeffirelli in Oman proviamo a ricostruire la lunga strada che ha portato alla sua realizzazione nella produzione della Royal Opera House Muscat, in coproduzione con Fondazione Arena di Verona e il Lithuanian National Opera and Ballet Theatre e con la collaborazione di Rai Cultura e Raicom.
“Già negli anni ‘90, il Maestro aveva un’idea precisa di come fare il suo Rigoletto. Ricordo un viaggio a Mantova con il Maestro Zeffirelli, per l’inaugurazione della riapertura del teatro della città chiuso da ormai 20 anni. Il Maestro avrebbe voluto realizzare questo Rigoletto per quell’occasione… E poi stava pensando anche a un film opera.” Carlo Centolavigna
Il progetto andato in scena lo scorso gennaio in Oman era quindi già nella testa del Maestro da molti anni. Benché senza una sua sede assegnata e definitiva, avrebbe dovuto essere la versione matura di un’opera che Zeffirelli non affrontava più da oltre 20 anni.
Il Maestro aveva già realizzato nella sua carriera tre diverse versioni del Rigoletto di Verdi tra il ’57 e il ’64, l’ultima delle quali a Londra con i costumi e le scene della grande Lila de’ Nobili. Da allora non aveva più affrontato l’opera, sicuramente in attesa di una revisione alla luce della sua maturità artistica.
Dalle testimonianze di Carlo Centolavigna, già negli ultimi anni del ‘900, Zeffirelli, assistito dai suoi collaboratori, portava avanti il progetto maturo del suo Rigoletto mettendo a punto i bozzetti, quelli attualmente utilizzati, e affrontando il passo successivo, la realizzazione dei modellini, in attesa di una occasione propizia.
Sarà solo dopo 15 anni dai quei primi lavori però, che sarà in grado di annunciare alla stampa il suo nuovo Rigoletto, finalmente accolto e finanziato dalla Royal Opera House Muscat.
Sono quattro i bozzetti lasciati dal Maestro ai suoi collaboratori, insieme alle note di regia, alle riflessioni per la messa in scena del Rigoletto e ai modellini. Compito dello scenografo Carlo Centolavigna è stato, dopo tutti questi anni, riprendere in mano il materiale e le indicazioni di Zeffirelli per tradurre il progetto in messa in scena per il teatro di Muscat.
La scenografia è caratterizzata da elementi orizzontali di plexiglas tipici degli allestimenti della maturità. Tali componenti, che contribuiscono all’atmosfera onirica, permettendo giochi di luce suggestivi, erano già presenti nelle scene della Turandot che aveva inaugurato la Royal Opera House di Muscat nel 2011.
Carlo Centolavigna spiega il valore e i significati degli elementi decorativi e strutturali del primo bozzetto che andrà a comporre il primo atto del Rigoletto di Zeffirelli.
L’ambiente mostra lo sfarzo tipicamente zeffirelliano, ma svincolato dai tratti realistici che spesso (ma non sempre) contraddistinguevano le sue scenografie. Sceglie delle figure voluttuose di donna tridimensionali sospese nel vuoto, elemento decorativo caratterizzante l’immensa sala del palazzo del Duca.
L’effimero e la superficialità della corte del Duca è espressa proprio in quelle figure incombenti che indifferenti presagi di tragedia, dominano la vita reale, il dramma che presto si svolgerà alla corte del Duca e nella domestica intimità del buffone Rigoletto.
Il ritorno a casa di Rigoletto, le sue ansie e la drammatica passione di Gilda sono invece ambientate alla luce di un maggior realismo. È l’opera a richiederlo, il testo stesso descrive l’ambiente con dovizia di particolari.
“L’estremità più deserta d’una via cieca. A sinistra una casa di discreta apparenza con una piccola corte circondata da muro. Nella corte un grosso ed alto albero ed un sedile di marmo; nel muro una porta che mette alla strada; sopra il muro un terrazzo praticabile, sostenuto da arcate. La porta del primo piano dà sul detto terrazzo. A destra della via è il muro altissimo del giardino, e un fianco del palazzo di Ceprano. È notte.” Libretto di Francesco Maria Piave
Qui gli elementi orizzontali di plexiglas capaci di dare vibrazione alla scena compenetrandola e allo stesso frantumandone il realismo sono presenti solo all’orizzonte. Lasciano spazio alla natura, alla materialità del luogo, alla drammatica verità della passione di Gilda.
Nel secondo atto torna il mondo del Duca, l’effimera frivolezza e crudeltà della sua Corte, e tornano quindi anche le trasparenze , esattamente come nel primo atto.
Dietro la statua equestre del Duca, simbolo dell’arroganza del potere, gli elementi orizzontali realizzati in plexiglas tornano a frantumare la realtà, accentuando la sinistra natura della potente corte.
È ai piedi di quel simbolo di potere che la povera Gilda si accascerà piangente dopo essere uscita dalle stanze del Duca.
La parete fatta di finti marmi retroilluminati sottolinea la leggerezza in contrasto con la tragicità della vicenda di Rigoletto.
Simbolico ed evocativo, il relitto del terzo atto è la rappresentazione dell’ambiente sordido e sinistro in cui si compie il dramma, ma anche la rappresentazione del tragico epilogo.
Zeffirelli sceglie il relitto come elemento simbolico che interpreta e trasfigura l’abitazione di Sparafucile, sicario di professione e della sorella complice Maddalena.
Carlo Centolavigna porta in scena le volontà di Franco Zeffirelli. Il fine è quello di dare concretezza e realtà all’idea creativa iniziale, attraverso la scelta di materiali che siano in grado di rispecchiare la simbologia e la peculiarità dei bozzetti.
Nell’ultimo Rigoletto di Zeffirelli, fondamentale è il gioco delle trasparenze che variano nelle diverse scene. I fondali sono tutti retroilluminati per permettere, attraverso il diverso posizionamento delle luci, di ricreare le diverse atmosfere nelle diverse fasi dell’opera.
A questo proposito, se il gioco della retroilluminazione diviene centrale nel primo e nel secondo atto, all’interno del mondo effimero del palazzo ducale, i fondali s’incupiscono con la seconda scena del primo atto e nel terzo atto, dove la dimensione dell’esistenza umana assume tutta la sua drammatica pesantezza.
Gli elementi di scena sono realizzati attraverso una accurata selezione di materiali. Ancora una volta per i componenti che strutturano l’effimera leggerezza del palazzo ducale, si è scelto di usare la vetroresina trasparente capace di assecondare il gioco della trasparenza e delle luci in combinazione con la retroilluminazione dei fondali. La lucentezza dei marmi del palazzo del Duca lascia poi spazio a materiali opachi e cupi nelle scene dove si consuma il dramma.
A compenetrare la realtà frantumandola in un gioco di rimandi destrutturanti, sono sempre presenti gli elementi orizzontali in plexiglass tipici degli allestimenti maturi del Maestro. Questi assumono però una rilevanza diversa a seconda delle scene, lasciati inermi all’orizzonte, nelle scene notturne, quando forte torna a presentarsi il peso della sofferenza di Rigoletto e di Gilda. Nel primo e nel terzo Atto.